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Lasco, il bandito di Parlasco

Prepotenze, soprusi e ingiustizie sono all'ordine del giorno, in un mondo in cui la legge del più forte trova la sua massima applicazione. I nobili e i loro spietati mercenari da un lato, il popolo indifeso dall'altro. Insomma, è un periodo oscuro e opprimente, fatto di diritti violati e leggi non rispettate, mentre l'inefficiente amministrazione spagnola gode di una terribile fama.


No, non racconteremo la vicenda dei Promessi Sposi, sebbene questo sia certamente un contesto storico di manzoniana memoria. In effetti ci troviamo proprio nel bel mezzo del seicento Lombardo, una manciata di anni dopo la travagliata - ma a lieto fine - storia di Renzo e Lucia. Geograficamente ci spostiamo in Valsassina, territorio appoggiato al lato orientale del Lago di Como, tra alte montagne ed incredibili scorci lacustri. Qui c'è un minuscolo e grazioso paesino che si chiama Parlasco.


Piazzetta del Paese a Parlasco


Conosciuto come il borgo "dipinto", Parlasco attira i suoi visitatori grazie a un ciclo di quattordici affreschi di recente realizzazione che rievocano una storia dalle tinte tutt'altro che vivaci. Per raccontarla dobbiamo infatti immergerci nelle pieghe più buie del Seicento valsassinese.


Protagonista delle vicende di Parlasco è Sigifredo Falsandri, nobile e caritatevole signore che risedeva assieme alla sua famiglia e ai suoi servitori nella Rocca di Marmoro, fortificazione eretta a protezione della valle di cui oggi rimangono solo le rovine. Sigifredo era un uomo amato dalla popolazione per il suo animo buono di benefattore che offriva il suo aiuto ai più bisognosi.


Affresco a Parlasco

Ma la Rocca di Marmoro nascondeva un oscuro segreto. Per svelarvelo, ci faremo aiutare dalle parole di un libro che racconta le tristi vicissitudini di questo paesino maledetto:


"... Laggiù - e indicò il Castello di Marmoro - c'è una scelleratezza da far drizzare i capelli in testa allo stesso demonio."


Questa nobile residenza non era solo l'abitazione del buon Sigifredo, ma anche il rifugio di un personaggio ben più inquietante e miserabile, un bandito che nel buio della notte terrorizzava con i suoi bravi la povera gente di paese, condendo i suoi misfatti di delitti e rapine. Insomma, a Parlasco stava il Lasco: così poco fantasiosamente venne soprannominato questo temibile bandito della Valsassina.


Per farci un'idea più chiara della sua personalità, vediamo come veniva descritto dalle dirette parole degli abitanti di Parlasco:


"Egli è un flagello peggio che i Lanzichenecchi e la peste ch'hanno portato; il ladrone che è morto in croce alla sinistra del nostro Signore, guardate che mi tocca dire, egli era un santo a confronto di Lasco; lui aggredisce la gente per strada con la stessa facilità con cui io mi cavo il cappello davanti la Madonna; lui ruba bestiame, spoglia chiese, viola monasteri, manda lettere che vuole denari e bisogna snocciolarlo più presto che all'esattore del re [...] non passano ventiquattro ore che vi trovate un pugnale piantato nel petto, quando non vi mandi a quella mala fine che un dì o l'altro toccherà a lui, appesi a un albero".


Due personalità antitetiche, Sigifredo da un lato e Lasco dall'altro. Due uomini profondamente diversi, dall'animo puro e buono il primo, dall'animo macchiato di sangue e di colpe il secondo. Ma, incredibilmente, questo fu ciò che gli abitanti di Parlasco scoprirono dopo lungo tempo di terrore e oppressione:


"Finalmente è scoperto il mistero, che avvolgeva la dimora di Lasco: il lupo s'è smascherato sotto la lana dall'agnello; il Buon Signore ha lasciata, come una biscia, la sua pelhì e ne è sgusciato fuori Lasco. [...] Ebbene, ora vi dirò chi sia quell'uomo che si chiama il conte di Marmoro... egli è Lasco il bandito della Valsassina". ​


Sigifredo e Lasco erano esattamente la stessa persona: Buon Signore di giorno e temibile bandito senza pietà alcuna di notte. Quando, con grande stupore, la notizia si sparse per il paesino, tutti gridarono alla morte del Lasco, che venne prelevato dalla sua abitazione e portato alla forca. In effetti "Parlasco" significherebbe proprio "Per Lasco", riferendosi alla forca che venne destinata a punire in modo esemplare il bandito.



Affresco a Parlasco


Ebbene, dopo aver raccontato l'oscuro passato di questo paesino valsassinese, è necessario aggiungere alla nostra storia un ultimo ma fondamentale dettaglio: Lasco, il bandito di Parlasco, non è mai esistito!


La figura del bandito non è altro che il frutto della fantasia di Antonio Balbiani, scrittore bellanese dell'Ottocento, che raggiunse la popolarità nella zona del Lario proprio grazie alla pubblicazione del romanzo dal titolo "Lasco, il bandito della Valsassina" nel 1871.

Dopo aver letto questa storia alcuni di voi, magari affascinati dall'aspetto un po' dark della vicenda, rimarranno quasi delusi da questa rivelazione; mentre altri tireranno un sospiro di sollievo pensando ai poveri e ai più deboli che non ebbero quindi mai a che fare con questa diabolica figura. Probabilmente la verità sta un po' nel mezzo. Forse non sarà mai esistito un signorotto con questo nome, ma sicuramente le vicende del Balbiani raccontano vere vicissitudini di vita quotidiana del Seicento, quando i delinquenti armati di "bravi" imperversavano nei paesi e nelle valli, instaurando un minaccioso clima di terrore tra la povera gente di paese.


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